È simile
all'Aconitum
vulparia che ha foglie più scure, divisioni meno strette ed una
infiorescenza ramoso pannocchiuta con spiga terminale composta al
massimo da venti fiori.
A. lycoctonum ("Aconito di Lamarck") è una pianta perenne, alta
fino a 1,5 m, con fusto epigeo eretto, cilindrico e mediamente ramoso.
Il fusto ipogeo è un grosso rizoma fibroso che produce gemme svernanti,
protette dal gelo invernale dalla lettiera e dalla neve.
Le foglie basali di questo aconito sono lungamente picciolate, con lembo
palmato-partito, diviso fin quasi alla base in 5 segmenti strettamente
rombici, lobati e dentati in cima.
La lamina ha un diametro di circa 15 cm, il picciolo è lungo circa 20
cm.
Le foglie cauline sono sessili.
Alla diramazione dei rami sono presenti delle foglie di tipo bratteale.
Nella stagione estiva produce un'infiorescenza a spiga terminale lassa.
Il perianzio, di colore giallo molto chiaro (quasi bianco), è formato da
due verticilli; gli elementi esterni (tepali o sepali) hanno funzione
protettiva, quelli interni sono nettari.
I fiori sono costituiti da 5 elementi (pentameri) a simmetria
bilaterale.
Il frutto è un aggregato di 3-5 capsule o follicoli sessili e
polispermi, terminanti in un becco dritto; nel follicolo sono contenuti
dei piccoli semi brunicci dalla superficie rugosa.
È una specie poco comune che si può trovare in alcune radure dei boschi
fino a 1.800 m.
Il nome del genere deriva dal greco akòniton (= pianta
velenosa); gli aconiti sono, infatti, delle piante velenosissime per
l'alto contenuto di glucosidi ed alcaloidi tossici tra i quali
l'aconitina. Anche l'epiteto specifico fa riferimento all'elevata
velenosità di questa pianta; deriva dal greco lycos (lupo) +
cthon (uccidere).
L'aconitina, che è il più potente veleno vegetale dopo la nepalina, è
contenuto in maggiori concentrazioni nell'Aconitum napellus, in
modo particolare nella radice tuberosa. Anche il semplice contatto con
le mani può essere pericoloso.