Il gelicidio, detto anche pioggia congelantesi (freezing rain)
o vetrone, è un evento raro e particolare da non confondere con la brina
e la galaverna.
È provocato dalla pioggia o, più frequentemente, dalla pioviggine a
causa del fenomeno della sopraffusione, generato dalla presenza di
strati d’aria calda in quota che fanno fondere i fiocchi di neve che
cadono dalle nubi, trasformandoli in gocce di pioggia a temperature
prossime allo zero.
Quando le gocce attraversano uno strato di aria molto fredda al disopra
del suolo diventano sopraffuse, vale a dire che rimangono allo stato
liquido pur avendo temperature inferiori allo zero. Appena toccano il
suolo, o qualsiasi altra superficie solida, congelano molto rapidamente,
racchiudendo i rami degli alberi, l’erba, i cavi elettrici. ecc.,
all’interno di un involucro costituito da ghiaccio liscio, molto
scivoloso, assai duro, omogeneo e perfettamente trasparente perché privo
di aria.
In presenza di vento, il rivestimento intorno alle superfici segue la
direzione del vento, cosicché si formano talora, specialmente intorno ai
tralicci di metallo ed ai fusti delle piante, delle lamine di ghiaccio
irregolari e dentellate, larghe anche più di 20 centimetri (calabrosa).
Questo fenomeno è molto frequente alle alte latitudini e, nel semestre
freddo, nelle aree continentali delle medie latitudini, soprattutto dove
i rimescolamenti d’aria sono molto frequenti ed il suolo e la bassa
atmosfera sono frequentemente al disotto dello zero. Negli USA e nel
Canada il fenomeno del gelicidio genera le cosiddette ice storm
(tempeste di ghiaccio) che sono tra i fenomeni meteorologici più
devastanti del nord America.
Anche in Italia può verificarsi, seppur raramente, questo fenomeno,
soprattutto nella Pianura Padana, nelle conche intermontane delle
regioni centrali e nelle pianure marchigiane. Di norma è prodotto da
deboli precipitazioni e si verifica solitamente nella prima metà
dell’inverno, quando è più frequente lo sviluppo di spessi strati di
aria fredda alle più basse quote atmosferiche. Nelle zone dell’Appennino
tosco-emiliano
il gelicidio è chiamato “bruscello” (anche “vetriore” nel Mugello),
nella provincia di Bologna “bioccio”.
Il gelicidio è un fenomeno molto pericoloso, a causa del peso del
ghiaccio; causa numerosi disservizi dato che può provocare la caduta di
rami anche di grandi dimensioni, nonché la rottura di cavi elettrici,
con conseguente interruzione dell’erogazione di energia elettrica,
problemi alle comunicazioni telefoniche e alla circolazione per il fondo
stradale scivoloso.
La galaverna, invece, si verifica con temperature inferiori a 0°C quando
le minuscole goccioline di acqua sopraffusa della nebbia si solidificano
al suolo o sulla vegetazione formando un rivestimento cristallino bianco
opaco (per la presenza di aria) assai fragile e non duro come nel
ghiaccio prodotto dal gelicidio.
Il fenomeno della galaverna è favorito dal vento; i movimenti dell’aria,
infatti, favoriscono le collisioni delle goccioline della nebbia con le
superfici solide. Nelle nebbie che si formano sulle pianure e nei
fondovalle di norma le correnti aeree sono piuttosto deboli, di
conseguenza l’accrescimento è regolare, con cristalli di notevole
bellezza e simmetria. Se il vento è forte, come accade nelle nubi
composte da goccioline sopraffuse che avvolgono i rilievi, si possono
formare notevoli accumuli di ghiaccio, anche trasversali, sulle rocce
sporgenti, sui rami, pali della luce, tralicci… sui capelli e sulla
barba degli escursionisti.
La galaverna, a sua volta, non deve essere confusa con la brina che si
forma per sublimazione del vapore sulle superfici raffreddate
dall’irraggiamento notturno in assenza di nubi.
Talvolta, la comparsa della nebbia nel corso della notte, può portare
alla formazione di galaverna al disopra dalla brina.