Le brezze
si
sviluppano, o perlomeno sono più intense, nelle giornate di bel tempo,
con cielo sereno o scarsamente nuvoloso e venti molto deboli. Quelle
diurne (di valle e di mare) sono particolarmente sviluppate nella tarda
primavera e d'estate e scompaiono quasi del tutto in prossimità del
solstizio d'inverno.
Al mattino la terraferma si riscalda più rapidamente del mare e i
rilievi più delle pianure. La differenza di temperatura tra l'aria che
sovrasta il mare (relativamente più fredda e quindi più densa) e quella
dell'entroterra, in modo particolare delle zone montuose (più calda e
quindi meno densa) genera una differenza di pressione atmosferica. Sul
mare tende a svilupparsi un'alta pressione pellicolare (anticiclone
termico), sulle pianure, e in maniera più rilevante sui rilievi, si crea
gradualmente una debole area depressionaria (bassa pressione termica).
In un primo momento si genera un "fronte di brezza", un fronte freddo in
miniatura, talvolta associato ad una linea di piccoli cumuli paralleli
alla linea di costa, che avanza verso le pianure interne in via di
riscaldamento, mentre all'aria che risale le pendici dei monti e dei
colli si contrappone un lento moto discendente sulle pianure interne,
nelle vallate e nelle conche intermontane.
Nel pomeriggio le brezze risultano perfettamente organizzate e vigorose:
quella di mare rinfresca i bagnanti lungo le coste, mentre nelle zone
interne una brezza più calda si muove dalle pianure verso i rilievi
riscaldandosi ulteriormente, incanalandosi e acquistando velocità nelle
vallate (brezza di valle). Contemporaneamente, deboli correnti
discendenti si sviluppano sul mare e nelle pianure interne.
Se i rilievi non sono molto lontani dal mare, in modo particolare quando
le
brezze diurne sono più intense (in prossimità del solstizio d'estate),
nel corso del pomeriggio le due brezze possono fondersi in un unica
corrente diretta dal mare verso le zone montuose. Queste brezze,
particolarmente vigorose nei pomeriggi estivi mediterranei, possono
raggiungere spessori di oltre 1 km. In questo caso, si contrappone in
quota una corrente di ritorno che soffia dai rilievi montuosi verso il
mare.
Quando le brezze diurne si sviluppano su superfici molto estese
interviene la forza deviante di "Coriolis" a far sì che il loro moto non
sia più perpendicolare alle linee di costa. Così le brezze che si
manifestano presso le coste tirreniche italiane, inizialmente
sud-occidentali, danno luogo, nel corso del pomeriggio, al
caratteristico "ponentino" che attenua la calura pomeridiana di Roma.
Di notte si verifica il fenomeno opposto: la terraferma, in modo
particolare i rilievi, si raffreddano più rapidamente del mare, con la
conseguente formazione di un'alta pressione pellicolare nelle zone
interne (più intensa nelle aree montuose) e di una debole area
depressionaria sul mare. Lungo le coste si sviluppa una brezza notturna
(brezza di terra) diretta verso il mare, più debole e sottile di quella
di mare a causa dell'attrito che è più marcato sulle terre emerse da cui
proviene questa brezza. In questo caso si creerà un debole e sottile
"fronte freddo" sul mare, che tenderà ad allontanarsi dalle coste nel
corso della nottata.
Le vallate, in un primo momento, cioè poco dopo il tramonto, sono
interessate da sottili correnti fredde discendenti dai monti e da una
lenta corrente di ritorno che chiude il ciclo. Nel corso della notte il
flusso si organizza convogliando l'aria che si raffredda rapidamente sui
monti
verso
le pianure, dopo aver percorso le vallate (brezza di monte).
Nelle brezze di monte che interessano grandi vallate, la struttura del
flusso è molto complessa a causa delle interazioni con i flussi delle
valli tributarie. Gran parte del volume d’aria trasportato da queste
brezze lungo la valle principale, deriva dalle valli tributarie; queste
sono anche responsabili delle oscillazioni nella velocità del flusso a
causa della turbolenza indotta all’interno del flusso principale nella
zona di confluenza con i flussi tributari. Inoltre, la presenza di vento
sui rilievi può influenzare la velocità ed il volume d’aria che fluisce
nelle vallate. In modo particolare, si possono manifestare significativi
incrementi nel volume d’aria drenato dalle brezze di monte quando le
correnti in quota investono perpendicolarmente il settore più alto di
una valle tributaria, soprattutto se questa è incisa nei rilievi più
elevati della vallata.
Di notte le conche si riempiono dell’aria fredda apportata dalle brezze
di monte. Lo spesso strato d’aria fredda che ricopre le pianure
defluisce lentamente, in parte anche tracimando dai rilievi più bassi,
che vengono così a trovarsi immersi nella parte sommitale dello stesso
strato d’aria.
Nelle pianure, lo strato di aria fredda e stabile a contatto del suolo
(che può raggiungere spessori notevoli nelle conche intermontane) viene
distrutto, diverse ore dopo l’alba, dal riscaldamento del suolo che
induce:
a) il graduale riscaldamento dello strato d’aria fredda, con il
conseguente indebolimento dell’inversione termica (che separa l'aria
fredda da quella calda sovrastante);
b) moti convettivi che rompono l’inversione termica quando questa
diviene sufficientemente debole.
Invece, nelle vallate (specialmente in quelle piuttosto strette) prevale
un’“erosione dall’alto” dello strato stabile, prodotta dall’abbassarsi
di quota dell’inversione termica; questo fenomeno deriva:
a) dal drenaggio dell’aria fredda verso la parte più bassa delle
vallate;
b) dall’impoverimento del volume dello strato d’aria fredda, conseguente
alla risalita di aria (che finisce così al di sopra dell’inversione
termica) lungo i fianchi più caldi delle valli.
Nella tarda primavera e d’estate, l’alternarsi delle brezze viene spesso
alterato (sia nella durata che nell’intensità, nonché nella gradualità
delle transizioni) dallo sviluppo di temporali termoconvettivi
pomeridiani. In modo particolare, lo sviluppo di temporali pomeridiani
sui rilievi fa sì che la transizione tra brezza di valle e brezza di
monte sia repentina; la brezza notturna, inoltre, risulterà più intensa
e più fresca del normale.