I giocatori di biliardo trasmettono la quantità di moto rettilinea
colpendo la palla con la stecca, in modo che venga poi trasferita dalla
palla in movimento ad un'altra palla ferma. Newton riassunse questa
esperienza con la formulazione del principio della conservazione della
quantità di moto: la quantità di moto di un corpo è definita come la sua
massa moltiplicata per la sua velocità:
= m
X
La velocità è un vettore, la quantità di moto è un vettore che punta
nella stessa direzione. La somma vettoriale della quantità di moto delle
due palle è pari a quella della palla che è stata messa in moto prima
della collisione.
Qualcosa di simile avviene nei moti rotazionali. Se proviamo a saltar
giù da una giostra che gira... rischiamo di romperci l'osso del collo;
eppure sulla giostra viaggiavamo comodamente! Purtroppo, uscendo dalla
giostra il nostro corpo conserva la propria quantità di moto, o meglio,
il "momento della quantità di moto". Nei moti rotazionali si
conserva il "momento della quantità di moto", senza il quale il nostro pianeta
si fermerebbe!
Il "momento della quantità di moto"
è definito come il prodotto della "velocità angolare"
per
il "momento d'inerzia" m r²
(m è la massa del punto rotante, r è
la distanza radiale del punto dall'asse di rotazione):
=
X
m X r²
La "velocità angolare" Ω può essere definita dal
cambiamento dell'angolo α nell'unità di tempo:
Ω = α
/ t
Poiché Ω indica una velocità, è anche un vettore
con direzione perpendicolare al disco rotante contenente il punto in
rotazione di massa m.
Il verso del vettore è quello in cui avanzerebbe il disco se fosse
avvitato come una vite "destrorsa".
Dall'equazione
=
X
m X r²
segue che il vettore
ha direzione e verso uguali a quelli del vettore
ma ha
grandezza diversa essendo moltiplicato per m r².
La legge di Keplero indica che i pianeti hanno un momento della quantità
di moto
costante, essendo costante il prodotto della rivoluzione del pianeta:
X
r² , di
conseguenza, al diminuire del raggio di rotazione, dovrà corrispondere
un incremento della velocità angolare
:
quando un pianeta, una cometa o un satellite artificiale in orbita
intorno al Sole, si avvicina alla nostra stella accelera, se si
allontana decelera.
Il pattinatore che esegue delle piroette comincia a ruotare su sé stesso
con le braccia aperte (raggio massimo); quindi porta rapidamente le
braccia al petto (raggio minimo). Il suo momento della quantità di moto
non subisce variazioni (anche la massa non aumenta né diminuisce). La
riduzione del raggio viene compensata da un aumento della velocità di
rotazione.
La conservazione del momento della quantità di moto non soltanto fa sì
che la Terra non si fermi, ma contribuisce alla creazione delle
"correnti a getto" atmosferiche.
La bassa atmosfera, nella fascia equatoriale, riceve un surplus di
energia dal Sole; di conseguenza, all'equatore prevalgono moti
convettivi ascendenti all'interno della troposfera nella fascia delle
basse pressioni equatoriali. Queste correnti, raggiunto il "soffitto"
della troposfera, cioè la "tropopausa" (al disopra c'è la stabile
stratosfera), cercano di portarsi verso le fredde aree polari per
chiudere il ciclo. Durante il tragitto, però, accadono tre fenomeni che
ostacolano questo tentativo: 1° l'aria, che subisce già un
raffreddamento sollevandosi (raffreddamento per espansione adiabatica),
tende ancora a raffreddarsi gradualmente per irraggiamento nello spazio;
2° l'aria che si muove nell'alta troposfera verso latitudini più alte,
conservando la velocità di rotazione della Terra all'equatore risulterà
deviata verso est ("forza di Coriolis"); 3° con
l'aumento della latitudine (φ) la distanza
dall'asse di rotazione terrestre (e quindi anche il raggio r)
diminuisce, avendo questo la massima lunghezza (R)
all'equatore:
r = R
X cos φ
Diminuendo il raggio r, l'aria per conservare il
momento della quantità di moto dovrà aumentare la propria velocità:
G = (R
X cos φ)²
X Ω
= costante
Poiché la Terra gira da ovest ad est, la maggiore velocità di rotazione
dell'aria si manifesterà come una "corrente a getto" (jet-stream)
occidentale. Se le cose stessero semplicemente così, si avrebbero
correnti a getto estremamente violente. In realtà dobbiamo considerare
soltanto la velocità dell'aria relativa alla superficie terrestre e,
quindi, dobbiamo sottrarre la velocità angolare della Terra.
La formula corretta, per il calcolo della velocità del vento u
(in m/sec), prodotta dallo spostamento dell'aria
dall'equatore al punto "2", situato a 30° di latitudine, è dunque
questa:
u = (R
X cos 30°)
X (
Ω - Ω2) ,
cioè: u = (6,371
X 106
X 0,866)
X [(9,723
-
7,292) X 10-5)]
= 134,1 m/s
Si tratterebbe, sicuramente, di una "corrente a getto" estremamente intensa. Nella libera atmosfera ci sono forze che si
oppongono allo sviluppo di correnti così violente. Le "forze di pressione" prodotte dall'"ammassamento" dei "pacchetti
d'aria" in quota, che vengono sospinti dalla fascia equatoriale verso
latitudini più alte, creano fenomeni di convergenza. Quando in quota c'è
convergenza, l'aria viene spinta verso il basso creando alte pressioni
al suolo. Nella nostra atmosfera si crea in questo modo la fascia delle
"alte pressioni sub-tropicali", sormontata dalla "corrente a getto
sub-tropicale". Nella bassa atmosfera, tra le alte pressioni
sub-tropicali e la fascia depressionaria equatoriale si sviluppano i
venti "alisei" (trade winds) diretti verso l'equatore, con la
conseguente inversione della precedente deviazione verso ovest,
inversione che oppone una componente orientale del moto all'interno del
flusso occidentale discendente dalla corrente a getto; gli alisei,
infatti spirano da nord-est nel nostro emisfero, da sud-est
nell'emisfero australe; a questo punto interviene anche l'attrito della
superficie terrestre a sottrarre ulteriore energia alle correnti aeree.
Una parte del flusso occidentale a tutte le quote riesce a spingersi
verso latitudini più settentrionali, nel contempo parte delle correnti
fredde che spirano nella bassa atmosfera alle medie latitudini riesce a
farsi strada verso l'equatore alimentando ulteriormente gli alisei.
Abbiamo detto che una parte delle correnti discendenti che alimentano le
alte pressioni sub-tropicali riesce a spingersi verso latitudini
settentrionali deviando verso est, sempre per effetto della "forza di
Coriolis" (correnti occidentali delle medie
latitudini); anche in questo caso alle quote più basse interviene
l'attrito a ridurre la velocità dei venti occidentali. Queste correnti
entrano in conflitto con le masse d'aria piuttosto fredde e dense
provenienti dalle alte latitudini. Si crea così una fascia di
convergenza al suolo piuttosto tormentata ("fronte polare") e volubile
lungo la quale le correnti più calde vengono sospinte verso l'alto con
il conseguente sviluppo di "perturbazioni frontali". L'aria in ascesa,
approssimandosi alla tropopausa, nel tentativo di raggiungere le aree
polari, viene deviata verso est dalla "forza di Coriolis" ammassandosi in un vigoroso fiume meandriforme di correnti prevalentemente occidentali
("corrente a
getto del fronte polare"). Questo getto si sviluppa a quote inferiori del
getto sub-tropicale e scorre quasi al disopra del "fronte polare".
Anche in questo caso non può svilupparsi un vento occidentale in quota
infinitamente intenso. Interviene soprattutto la forte turbolenza
associata al sistema "fronte polare frammentato" - "getto meandriforme"
ad attenuare la forza delle correnti occidentali. In pratica, il moto
turbolento, con sviluppo di vortici di varia dimensione, ruba energia
alla corrente a getto.