È una pianta molto conosciuta nell'Arco Alpino con i nomi volgari:
"barba di capra" (in effetti il nome del genere deriva dal greco ἤρυγγοσ = barba di
capra),
"asparago di monte", "asparago di bosco", "coda di volpe", "sparzi",
ecc.
Specie perennante per mezzo di gemme situate a livello del suolo (emicriptofita),
è dotata di un rizoma legnoso con squame scure e di un lungo fusto
eretto (alto fino a 2 m), poco ramificato, con asse fiorale generalmente
privo di foglie (scaposo).
L'epiteto specifico si riferisce al fatto che si tratta di una pianta
dioica, con fiori maschili e femminili portati da piante
diverse.
Ha foglie picciolate (talvolta con stipole
alla base del picciolo),
molto lunghe (fino a 1 m), composte, 2-3 pennatosette, con segmenti
finali (foglioline) ovato-lanceolati-acuminati (lunghi fino ad 8 cm), a
margine seghettato.
In giugno-luglio sviluppa una grande fioritura a pannocchia terminale
con numerosi fiori in compatti racemi (fiori con gambo distinto e nati uno sopra l'altro su un asse fiorifero principale);
gli steli fiorali sono patenti (penduli a maturità).
I fiori, molto piccoli, con calice semplice (sepali lunghi circa 0,5 mm)
e petali ovati (lunghi fino a 2 mm),
non
saldati tra di loro (dialipetali) e a simmetria raggiata (attinomorfi),
sono dioici. I fiori delle piante maschili sono di colore crema molto
chiaro, hanno numerosi stami (oltre 20) molto sporgenti, con antere
scure. Gli steli femminili hanno fiori bianchi, con stami rudimentali
piuttosto corti ed ovario semi-infero.
I frutti dell'A. dioicus sono piccoli follicoli bruni penduli
(3 per ogni fiore), coriacei e glabri.
Cresce nel Nord Italia e in Toscana, in zone a mezz'ombra, soprattutto
in boschi radi, freschi ed umidi, da quote collinari a 1800 m s.l.m.
È una pianta commestibile ed officinale.
I teneri germogli rossi primaverili, leggermente amarognoli, vengono
consumati come gli asparagi.
È anche utilizzata come pianta ornamentale.