È un alberello
cespuglioso
deciduo poco appariscente per gran parte dell'anno; diventa facilmente
riconoscibile in autunno quando dà sfoggio della propria bellezza con i
suoi curiosi grappoli di frutti colorati e le foglie rosso scuro.
Ha un fusto con corteccia liscia, prima verdastra, poi brunastra, e rami
opposti, con sottili rilievi longitudinali, da giovani quadrangolari,
verde opaco, con punteggiature chiare.
Le foglie, verde chiaro (un po' più scure nella pagina superiore)
dell'"evonimo" sono opposte, sottili ed acuminate, con denti piccoli ed
hanno un picciolo di 4-8 mm.
I minuscoli fiori, tetrameri, prevalentemente ermafroditi, raccolti in
cime ascellari di 2-9 elementi, si sviluppano insieme alle foglie; hanno
un breve peduncolo.
Il calice, gamosepalo e persistente è di colore verde. Anche i sepali
sono verdi.
I petali, stretti e biancastri, sono lunghi il doppio del calice. Gli
stami sono più corti della corolla.
I frutti sono capsule pendule, carnose, a 4 lobi, con diametro di un
centimetro o poco più, inizialmente verdi, a maturità (in autunno)
rosso-rosa.
Contengono quattro semi rivestiti da uno pseudoarillo di colore
arancione che appare all'apertura delle capsule.
Il legno, bianco, duro e compatto, emana odore di mela.
La "berretta del prete" è presente in tutte le regioni italiane di norma
fino all'alta collina - bassa montagna, ma anche a quote più elevate al
Sud (fino a 1300 m in Sicilia). Vegeta perlopiù al margine dei boschi,
nelle radure, nelle siepi.
Euonymus europaeus è una pianta velenosa; l'ingestione dei
frutti può provocare la morte.
Il legno veniva utilizzato per fare i fusi; da questo uso deriva il nome
volgare "fusaggine".
I rami giovani, carbonizzati. erano utilizzati come carboncino dai
pittori.
Il carbone ricavato dall'"evonimo" era utilizzato nella fabbricazione
della polvere nera.
Nell'antichità, foglie e semi ridotti in polvere (o il loro decotto),
venivano spruzzati sulla pelle dei bambini e degli animali per scacciare
i pidocchi.