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Leccinellum lepidum    (H. Bouchet ex Essette) Bresinsky & Manfr. Binder

Questa bella boletacea, fungo principe della lecceta, conosciuto con i nomi volgari di "leccino", "cero", "nocco di licino", apprezzato soprattutto nella Maremma toscana per le sue qualità commestibili, si distingue dal Leccinellum crocipodium (Letell.) Della Maggiora & Trassinelli per il viraggio della carne che non assume subito tonalità scure, ma tende inizialmente ad arrossare e per la cuticola del cappello non vellutata e di aspetto un po' untuoso.

Ha un cappello con un diametro di 5-15 cm, inizialmente emisferico, poi convesso, infine guancialiforme e con una superficie un po' bitorzoluta. La cuticola, glabra, opaca, di aspetto untuoso e lucente con tempo umido, è di colore bruno giallognolo, più chiaro al margine; è difficilmente asportabile con tempo secco.
Il gambo, alto fino a 15 cm, ovoide nel giovane, allungato e un po' rigonfio alla base nell'adulto, talvolta ricurvo, è più o meno costolato longitudinalmente e cosparso da fini fioccosità triangolari; tende ad imbrunire con l'età ed la manipolazione.
I tubuli, liberi al gambo, molto lunghi e giallognoli, terminano in piccoli pori gialli che tendono ad assumere gradualmente tonalità ocra olivastre.
La carne, abbastanza soda nel cappello degli esemplari immaturi, più dura e fibrosa nel gambo, è di colore giallo chiaro; alla sezione vira prima al rosa lilacino, poi, molto lentamente, al grigio scuro con sfumature olivacee.
Cresce nei boschi di leccio e di quercia da sughero nella seconda metà dell'autunno, anche durante l'inverno e la primavera nelle località più calde.
È un fungo commestibile se ben cotto.

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